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PERCORSI IDEALI TARDO RINASCIMENTALI

 

di Andrea Santangelo

 

 

All’indomani della pace di Cateau-Cambrésis del 1559, l’Italia, ormai saldamente spagnola, conosce finalmente un periodo di tranquillità e ne approfitta per ricostruire edifici, fortezze e palazzi distrutti da 65 anni di continua guerra. Gli architetti (militari e non) si lanciano allora in nuove e articolate forme geometriche di costruzione, che sbocceranno nelle cosiddette città ideali.

L’Italia, infatti, si rifà bella basandosi sulle idee umanistiche e artistiche nate negli ultimi 100 anni. Il risultato non cessa di stupire ancora oggi. Prendiamo ad esempio il caso di tre fondazioni ex novo di questo periodo (ma tra le città ideali del rinascimento italiano vanno segnalate anche Urbino, Ferrara, Pienza, Sabbioneta e Vigevano; valgono tutte almeno un weekend enogastronomico e culturale). Il primo riguarda Terra del Sole, ultima propaggine della Toscana medicea in terra di Romagna, “nata” ufficialmente l’8 dicembre 1564. È una città fortezza ideale (cioè ispirata a criteri scientifici e razionali nella sua pianta urbana, con forti allacci a teorie filosofiche e/o utopiche) voluta fortemente da Cosimo I de’ Medici, il figlio di Giovanni dalle Bande Nere e primo Granduca di Toscana (si tratta di un ramo collaterale dei Medici, quello dedito alla carriera militare, che poco ha a che fare con il ramo principale che sforna solo banchieri, Papi, mecenati e malati di gotta). Chiama a edificarla ben quattro architetti militari: Baldassarre Lanci, Giovanni Camerini, Bernardo Buontalenti e Simone Genga, ma Cosimo ne ha parecchi al suo soldo perché passa gran parte del suo tempo a costruire e rimettere in sesto fortificazioni e rocche. Terra del Sole è un rettangolo bastionato che contiene un abitato civile e uno militare, le sue mura lunghe 2 km e 87 mt abbracciano due borghi maggiori, Romano e Fiorentino, e quattro borghi minori. Due similari Castelli fanno da pittoresco sfondo, mentre centralmente tutto è raccordato da una vasta Piazza d’Armi.

Grazie all’appoggio imperiale (contrariamente alla solita politica filofrancese dei Medici), Cosimo si procura ingenti somme di denaro da investire in armi, truppe e fortezze (degno figlio di cotanto padre!). Questa corsa agli armamenti gli varrà la conquista di Siena, che per competere con le nuove fortificazioni medicee perde una marea di soldi e alla fine non ha di che pagare nuove truppe per difendersi. Tutta la Toscana, sotto Cosimo I, è saldamente controllata da un sistema di presidi, fortezze, rocche e torri di avvistamento. Tra le tante costruzioni militari di questo periodo ricordiamo le nuove fortezze dell’appena presa Siena, di Pistoia, di San Piero a Sieve, di Empoli, di Sasso Simone e di Cortona; il rafforzamento e riattamento dei forti medievali di Pisa, Arezzo, Sansepolcro, Volterra e Castrocaro; le città-fortezza di Livorno e di Portoferraio (opere entrambe di Bernardo Buontalenti).

Il secondo caso che vi sottoponiamo è quello di Acaya, minuscola frazione del paese di Vernole in provincia di Lecce. Questo borgo ideale è un progetto di Gian Giacomo dell’Acaya, feudatario locale e architetto militare dell’imperatore Carlo V. Oltre a condurre a termine la costruzione del castello di famiglia (nel 1535), l’alacre Acaya vi aggiunge un borgo racchiuso da una cinta muraria dotata di tre grandi bastioni angolari. Le strade di Acaya sono in tutto nove, sei tra di loro parallele in direzione nord-sud, e tre perpendicolari alle altre in direzione est-ovest, ma tutte misurano 4 metri di larghezza e sono a intervalli di 17 metri tra loro (pure la lunghezze delle vie è uguale). Una chiesa e un convento completano questo curioso e minuscolo borgo ideale fortificato.

Spostiamoci a nord per il terzo caso, quello più spettacolare, la città fortezza di Palmanova. Costruita dai veneziani nel 1593, Palmanova è conosciuta come “la città stellata” per la sua pianta poligonale a stella dotata di nove punte. Tre porte monumentali, situate al centro delle cortine difensive e fortificate da rivellini esterni, sono le uniche via d’accesso al centro cittadino. Il Senato di Venezia ne aveva deciso la costruzione per farne un insormontabile baluardo alle ricorrenti incursioni ottomane e agli infidi attacchi imperiali. Il progetto di Giulio Savorgnan (ingegnere militare capo della Serenissima, nonché Boss di tutte le artiglierie veneziane) è talmente efficace che per due secoli nessuno ci prova ad attaccare Palmanova. La città ha ben due cerchie di fortificazioni dotate di cortine, baluardi, fossato e rivellini. Savorgnan, da buon intenditore di artiglierie, costruisce i bastioni in base alla gittata massima dei cannoni del tempo. La vista aerea di Palmanova è ancora oggi il migliore spot pubblicitario per la visita di questa incredibile città fortezza ideale.

Nel resto d’Italia si bada a edificare, ma con un occhio ben attento alle spese (per non fare la fine di Siena), certo non ci si può sottrarre al si vis pacem para bellum, ma approfittando del lungo periodo di pace si possono dilazionare le spese e i tempi di costruzione.

I Savoia, ad esempio, sono costretti a dare il via a un grosso ciclo di recupero e miglioramento delle fortificazioni riavute indietro nel 1559. Chiusi come sono tra la Francia e gli Spagnoli in Lombardia, sono il classico vaso di coccio tra due giare di ferro. Arruolano perciò dei bravi ingegneri militari, come Alessandro Resta, Gabrio Brusca, Ferrante Vitelli e Giacomo Soldati, e li mettono al lavoro su tutto il territorio piemontese.

I Veneziani non sono da meno, già abbiamo visto il caso esemplare di Palmanova, ma sono tutte le fortezze di terraferma a essere rivedute e corrette, grazie al lavoro di valenti tecnici come Francesco Malacreda (allievo prediletto del Sanmicheli), ma soprattutto a quello dei generali Giulio Savorgnan, Girolamo Martinengo e Sforza Pallavicino. Fino agli inizi del XVII secolo Venezia ha una straordinaria capacità di creare dei funzionari (i Provveditori) molto competenti, nonostante siano di nomina politica (creando l’invidia di noi italiani di oggi).

A Milano e a Napoli, dominate dagli Spagnoli, si distinguono alcuni architetti come Gabrio Serbelloni, Giorgio Paleari Fratino e Bernardino Faciotto.

Ormai, però, la nostra amata penisola è fuori dalla grande politica, dal grande commercio, dalla grande finanza, dai grandi circuiti artistici europei e i governanti nostrani prendono ordini dall’estero (insomma poco è cambiato rispetto al 2015). Per fortuna, invece, l’Italia è abbastanza fuori dalle prime guerre di religione che sconvolgono la Francia e l’Impero. Così i nostri ingegneri e architetti militari emigrano in Europa per cercare lavoro (vi ricorda ancora il 2015?) e lì ne trovano parecchio.

MAI STATI MEGLIO

Pare che il rimedio più efficace ed economico per i disturbi che tormentano corpo e anima dell’uomo moderno si chiami Storia. Ce lo dicono due divertenti storioterapeuti (così loro si definiscono), Lia Celi e Andrea Santangelo. Il titolo stesso del loro libro, Mai stati meglio (edito da Utet) è inoltre apertamente polemico verso i catastrofisti di ogni genere. In effetti basta confrontare il destino degli attuali cittadini europei con quello dei loro antenati vissuti nella prima metà del Novecento, funestata da due guerre mondiali, per provare un certo sollievo. Ma ancor più clamorosi sono i progressi costanti della medicina, che permettono di contrastare patologie un tempo micidiali. Basta scorrere i secoli passati per capire che, a dispetto di quel che vuol farci credere un’informazione chiassosa e piagnona, stiamo vivendo uno dei momenti più positivi, confortevoli e ricchi di opportunità dall’apparizione dell’uomo sulla Terra: rendersene conto significa sentirsi già meglio. Questo libro insegna a usare la Storia come un armadietto dei medicinali a costo zero e a effetto rapido per fronteggiare e ridimensionare i malanni più vari, dall’emicrania all’eterno mal di fegato a certe disfunzioni intime, e ritrovare la gioia di vivere nel presente. Inoltre, fatto non da poco, il libro insegna che è possibile un approccio intelligente e divertente alla Storia, che non può essere solo quell’arida materia che a scuola viene insegnate per nomi, luoghi e date. In Italia purtroppo la Storia è spesso usata per scopi politici o rimane chiusa negli autoreferenziali ambienti accademici. Questo libro ci insegna che esiste una terza via: divertirsi con la storia a ogni è età non solo è possibile, ma anche doveroso. Quindi, bando al pessimismo: ringraziamo la nostra fortuna sfacciata di essere cittadini del XXI secolo e rimbocchiamoci le maniche perché in un futuro molto prossimo tutti gli abitanti della Terra possano dire, come noi oggi: «non siamo mai stati meglio».

PARTIAMO DA QUI: BEPPE SERVERGNINI E LA VITA È UN VIAGGIO

Di Marianna Tassinari

 


 

Sono una ragazza italiana, e voglio partire da qui, dal libro di Severgnini: La vita è un Viaggio, che ci invita tutti ad essere resilienti, e superare questo momento critico. L’autore nasce a Crema nel 1956 ed è un noto giornalista ed editorialista del Corriere della Sera, nonché contributing opinion writer per The New York Times.

 

Severgnini nel suo libro ci invita a riscoprire le caratteristiche migliori che abbiamo come Italiani e come individui; ci mostra alcuni dei nostri lati oscuri, ma lo fa spronandoci ad affrontare le paure e a vincerle. Ci dà ottimi spunti per letture che ci appassioneranno, da Josè Saramago a Cesare Pavese, da Indro Montanelli a Bruce Springsteen, da Steve Jobs a Papa Francesco.

 

I capitoli sono intitolati con sostantivi in ordine alfabetico come potrebbero comparire in modo casuale in un sito web o in un blog nello spazio Tag, invece tutto il percorso ha un senso critico evolutivo e di ricerca della forza che abbiamo.

 

A noi lettori, ragazze e ragazzi italiani, dai dieci ai cent’anni sta
capire e cercare di trarne la giusta ispirazione per affrontare questo momento storico.

Primavera d’arte in Italia, un tuffo nei dipinti.

A cura di Marianna Tassinari

 

In tutta Italia è in arrivo una primavera ricca di mostre da visitare, ecco le nostre preferite.

 

A Bologna fino al 25 maggio La ragazza con l’orecchino di perla, Il mito della Golden Age, Da Vermeer a Rembrandt, Capolavori dal Mauritshuis a Palazzo Fava, ultima tappa del tour mondiale del capolavoro tra i capolavori.  
Si possono ammirare molti altri quadri da Rembrandt a Hals, da Steen aTer Borch, tutto il grande Seicento olandese in un’unica mostra, promossa dalla Fondazione Carisbo, Museo nella Città e Linea d’ombra, informazioni mostra: www.lineadombra.it

 

 

Matisse la figura. La forza della linea l’emozione del colore, a Ferrara nel famoso palazzo Diamanti dal 22 febbraio al 15 giugno 2014. Il genio di Matisse ha cambiato il corso dell’arte del Novecento, imprimendo la sua visione nuova ad ogni genere artistico. Nessuno di questi, però, l’ha affascinato quanto la rappresentazione della figura, soprattutto femminile, al punto da impegnarlo per l’intero arco della sua carriera in una ricerca incessante attraverso tutte le tecniche. A questo tema fondamentale è ispirata la mostra che che Palazzo dei Diamanti dedica ad un gigante della storia dell’arte moderna.

Oltre cento dipinti, sculture e opere su carta racconteranno l’avventura creativa grazie alla quale Matisse ha dato forma tangibile all’emozione risvegliata dai suoi modelli e al piacere stesso di ritrarli. Un’esplosione di gioiosa vitalità accende le icone giovanili, raggianti di colori puri, e fa danzare l’arabesco dei corpi nei capolavori della prima maturità. Lo stesso slancio percorre le opere dell’ultima fase, dove gli oggetti e l’ambiente sembrano risuonare dell’energia emanata dalla figura.

 

Mostra a cura di Isabelle Monod-Fontaine, organizzata da Fondazione Ferrara Arte 

Info, Ufficio Informazioni e prenotazioni Mostre e Musei
tel. 0532.244949 fax 0532.203064 e-mail diamanti@comune.fe.it

 

Anche il Mar di Ravenna ha appena inaugurato la mostra: L’incanto dell’Affresco, capolavori strappati da Pompei a Giotto , da Correggio a Tiepolo.

 


 

La mostra intende ripercorrere la secolare storia e fortuna della pratica del distacco delle pitture murali, una storia del gusto, del collezionismo, del restauro, ma anche della tutela di quella parte fondamentale dell’antico patrimonio pittorico italiano, con  preziosi  prestiti provenienti dall’Italia e dall’estero. L’esposizione, curata da Claudio Spadoni e da Luca Ciancabilla, realizzata grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, si divide in cinque sezioni, ordinate secondo un indirizzo storico-cronologico: dai primi masselli cinque-seicenteschi, ai trasporti settecenteschi, compresi quelli provenienti da Pompei ed Ercolano, agli strappi ottocenteschi, fino alle sinopie staccate negli anni settanta del Novecento. Sarà aperta fino al 15 giugno 2014.

Per informazioni e prenotazioni: MAR – Ufficio relazioni esterne e promozione, tel. 0544 482487 fax 0544 212092, promo@museocitta.ra.it

 

Lo spazio espositivo del Complesso del Vittoriano accoglie, per la prima volta in Italia, dal 22 febbraio all’8 giugno, oltre sessanta opere provenienti dal Muséé d’Orsay di Parigi. La mostra presenta al pubblico, attraverso quadri di inestimabile valore di Gauguin, Monet, Degas, Sisley, Pissarro, Van Gogh, Manet, Corot, Seurat, l’evoluzione dell’arte in Francia in un arco di tempo compreso tra il 1848 e il 1914. “Musée d’Orsay. Capolavori” è quindi un appuntamento da non perdere, per ammirare da vicino un complesso percorso storico-artistico che ha portato alla nascita dell’arte moderna.
La mostra è curata da Guy Cogeval e da Xavier Rey, è articolata in cinque sezioni: la prima è incentrata sull’arte dei Salon, nucleo originario della collezione; la seconda illustra il rinnovamento della pittura di paesaggio ad opera della Scuola di Barbizon, che apre la strada allo studio impressionista della natura; quindi la sezione dedicata alla modernità ritratta dagli impressionisti, che conferirono dignità di genere a balli, scene di vita in società e scorci di vita privata; infine l’evolversi del linguaggio pittorico post impressionista: la pittura Simbolista, il sintetismo di Gauguin, la bidimensionalità dei Nabis, fino ad arrivare alle avanguardie del XX secolo. 

Anche Napoli ci offre una mostra particolare, definita “impossibile”,
nello splendido complesso monumentale di San Domenico Maggiore, fino al 21 aprile 2014 saranno in esposizione 17 riproduzioni di dipinti di Leonardo, 37 di Raffaello e 64 di Caravaggio, proposti in copie digitali sofisticatissime. I capolavori sono proposti in esposizione in riproduzioni ad altissima definizione e in scala 1:1.

Tra luoghi storici, come l’aula dove insegnò san Tommaso, o la biblioteca dove studiò Tommaso Campanella o dove visse a lungo Giordano Bruno, viene presentata una mostra impossibile” che raduna, seppure in magnifiche copie digitali, delle splendide realizzazioni dei maggiori artisti italiani. Più di 100 opere che non si sarebbero mai potute vedere tutte assieme. Fino al 21 aprile 2014, al Complesso monumentale in Vicolo San Domenico Maggiore 18, Napoli, aperto tutti i giorni h 10.00 – 22.00; la biglietteria chiude un’ora prima, intero 5 euro – ridotto (dai 6 ai 12 anni) 3 euro – gratuito gruppi scolastici organizzati, 081 0102005 – 339 6304072.

Bruegel & Company, soprattutto la Company

Dhr


Appena dietro piazza Navona, a meno che non ci si smarrisca per i suggestivi vicoletti, come è successo a… beh non facciamo nomi… al Chiostro del Bramante, resterà aperta ancora fino al 6 giugno la mostra “Brueghel. Meraviglie dell’arte fiamminga”. La dinastia pittorica dei Bruegel (la grafia con la H serve forse a evitare che i visitatori facciano delle grezze) è rappresentata proprio al completo, da Pieter il Vecchio, ossia quel Bruegel, a Pieter il Giovane, Jan il Vecchio, Jan il Giovane, fino all’ultimo rampollo che si chiamava nientemeno che Abraham ed era napoletano. Ciliegina sulla torta, pure un paio di Bosch.

E però. Uno dei due Bosch è una copia, anche abbastanza malfatta, e l’altro è un quadretto forse autentico ma pescato chissà dove. E spiace soprattutto che Brugel (Pieter il Vecchio) sia quasi assente, sostituito da una fitta schiera di imitatori più o meno dotati di talento. Per un biglietto d’ingresso da 12 cucuzze si poteva sperare meglio.

Il bello della mostra sta tuttavia nella sua capacità di “fotografare” un momento epocale nella storia dell’arte occidentale. In breve, la transizione dall’arte sacra all’arte profana, in concomitanza con il cambio della committenza dalla Chiesa alla borghesia. Non a caso, questo avvenne in un Paese di ricchi mercanti come l’Olanda. Si passa così da temi sacri (soprattutto l’Adorazione dei Magi) a soggetti naturalistici mascherati da soggetti religiosi (piccoli santi in immensi paesaggi) fino all’arte decorativa allo stato puro (scene di vita o “di genere”, fiori e oggetti iperrealistici, nonché pappagalli appena scoperti nel Nuovo Mondo). Sul piano tecnico la cosa fu ulteriormente facilitata dall’introduzione della pittura a olio, molto più adatta a rendere la brillantezza dei colori e gli effetti di luce, rispetto alle tecniche precedenti come la tempera all’uovo.

Poi la mostra continua… in piazza Navona, dove, mezzo millennio dopo, gli artisti ambulanti continuano a proporre ritratti, paesaggi, fiori, immagini raffinate e disimpegnate per decorare i salotti borghesi. La rivoluzione portata avanti dai Bruegel è ancora ben visibile. È il punto più alto dell’arte (Schopenhauer) o la sua morte (Hegel)? Ai poster l’ardua sentenza.

WASHINGTON D.C.

di Riccardo Celani

“La capitale delle capitali”

 


 

 

Il Ricordo

 

Mi è capitato nella vita di vivere a Washington D.C. e lavorare per il Governo degli Stati Uniti. Ricordo che quando mi affacciavo dalla finestra del mio ufficio potevo vedere la Casa Bianca. Era sempre un’emozione ammirare quel bell’edificio bianco dove risiede il Presidente e dal quale, nel bene o nel male, si governa il mondo.

 

Mi sono sentito molto vicino a questa città, internazionale e multirazziale, piena di imponenti monumenti, di marmorei edifici pubblici, di grandiosi musei, con una vita culturale, sociale e politica incredibile, senza dimenticare i vivaci ristoranti e locali notturni per studenti.

 

Ma la cosa che più mi commuoveva era quando passeggiavo lungo il Vietnam Memorial e scorrevo i nomi dei caduti. Non sono in ordine alfabetico, ma vanno dal primo all’ultimo caduto in ordine di data. Soffermandomi su un nome o sull’altro mi chiedevo chi era quel soldato e come era stato in vita; ma quel muro di marmo nero non dava risposte, solo che quella guerra e tutte le guerre, giuste o sbagliate, alla fine creano tanto dolore e tante giovani vite perdute.

 

Ricordavo anche il giuramento, che io stesso avevo fatto, stringendo con la mano sinistra il lembo della bandiera a stelle e strisce e posando la mano destra sulla Bibbia. Pensavo che molti di loro, adesso su quel muro, non avevano esitato a dare la vita per quello stesso giuramento, credendo nel proprio paese, giusto o sbagliato che fosse.

 


 

 

Washington D.C., una città al centro del mondo

 

Questa città al centro della Costa Atlantica è il fulcro della vita politica americana e internazionale. Non solo molte delle istituzioni più importanti del paese hanno il proprio quartier generale a Washington, ma questi luoghi costituiscono una specie di pantheon degli eroi più venerati d’America: George Washington, Benjamin Franklin, Thomas Jefferson ed Abramo Lincoln. La città costituisce il District of Columbia ed è la capitale federale degli Stati Uniti d’America. Si estende lungo riva sinistra del fiume Potomac. La popolazione che vive a Washington è eterogenea e la maggioranza è di colore. Molte persone che lavorano a Washington vivono nel Maryland e in Virginia. Una grande quantità di queste persone, quasi 400.000 lavorano per il Governo degli Stati Uniti, si pensi solo alle decine di migliaia di militari che lavorano al Pentagono (anche se esso gravita solo su Washington, ma si trova appena fuori città, in Virginia), Molte altre persone sono impiegate in organizzazioni internazionali, enti governativi nazionali (FBI per esempio) ambasciate e naturalmente nei servizi di ristorazione e in generale turistici. Molti milioni di turisti visitano Washington ogni anno e fortissima è la componente congressuale. Il periodo migliore per visitare la città è la primavera e l’autunno mentre la caldissima estate e il freddissimo inverno non facilitano le visite.

 

 

Georgetown e dintorni

 

Partiamo nel nostro viaggio dall’esterno del District of Columbia. Georgtown, a pochi chilometri da Washington, è stata fondata nel 1789 e più recentemente i ricchi e i potenti hanno rinnovato le affascinanti case di stile georgiano creando un affascinante quartiere residenziale, ma anche ricco di vita, di divertimenti e attività culturali. Questo anche grazie all’intensa attività culturale concentrata nell’università cattolica omonima, tenuta dai Gesuiti che conta più di 10000 studenti. A pochi chilometri da Alexandria, pittoresca cittadina coloniale, si trova Mount Vernon, dove e possibile visitare, la tomba e la casa di George Washington.

 


 

Nel cuore di Washington D.C.

 

Washington, D.C. è una delle più belle città d’America. Sviluppatasi seguendo uno schema a forma di ruota, si presenta come una piacevole città dai palazzi monumentali, dalle ampie strade e dai parchi ricolmi di ciliegi. I percorsi turistici si concentrano attorno al Mall, un lungo parco erboso fiancheggiato da alberi, che si estende dalla Capitol Hill (la collina del Campidoglio) fino al Lincoln Memorial. La grande cupola del Campidoglio, sede del Congresso, della Corte Suprema e della Biblioteca del Congresso (la più grande biblioteca che esista al mondo) domina la città dall’alto della collina. Negli Archivi Nazionali si possono ammirare gli originali della Dichiarazione d’Indipendenza, la Costituzione degli Stati Uniti e la Dichiarazione dei Diritti.

 


 

La Smithsonian Institution ospita 21 tra musei, gallerie e biblioteche, in un complesso che contiene più di 78 milioni di manufatti. Otto di questi musei e gallerie si trovano lungo il Mall. L’attrazione più importante di Washington è probabilmente il National Air and Space Museum, con 23 gallerie che illustrano la storia del volo. Nel museo sono riuniti tutti i più celebri aeromobili che hanno fatto la storia dell’aviazione e la conquista dello spazio: il Kitty Flawk Flyer, l’aereo dei fratelli Wright, lo Spirit of St. Louis di Lindbergh, che nel 1927, attraversò solo e senza scalo l’Atlantico, la prima capsula spaziale pilotata da un americano (John Glenn nel 1962) e il modulo di comando dell’Apollo 11 che trasportò, nel 1969, il primo equipaggio sulla Luna.

 

 


 

Sempre parte dello Smithsonian sono la National Gallery of Art, il National Museum of American History e il Museum of Natural History. All’estremità opposta del Mall, un’enorme scultura rappresenta Abramo Lincoln seduto. Sulle pareti incisi le due storiche prolusioni che Lincoln pronunciò in occasione del famoso discorso di Gettysburg e della sua seconda elezione. Lincoln rivolge il suo sguardo pensoso in direzione del Monumento al Vietnam che ricorda, con un lungo muro di marmo nero, i 58.022 nomi dei soldati caduti o dispersi. A monte, sulla riva del fiume Potomac, il John F. Kennedy Center for the Performing Arts comprende sei teatri che propongono spettacoli d’arte drammatica, danza, musica e cinema. Nelle vicinanze, 600 ciliegi giapponesi fiancheggiano il bacino formato dalle maree ed il Jefferson Memorial.

La Casa Bianca è stata la residenza di tutti i presidenti degli Stati Uniti a partire dal 1800. L’edificio di 132 stanze, in stile neoclassico è del 1792 ed è stato dipinto di bianco dopo l’incendio del 1814. Nelle vicinanze si trova il Washington Monument, la costruzione in muratura più grande del mondo, che si eleva a 170 metri di altezza dal centro del Mall. Dalle otto finestre in cima al monumento si ha un fantastica vista dell’intera città e degli stati vicini.

 

Il Cimitero di Arlington (che si trova nelle vicinanze di Washington, ma in Virginia) è il più importante cimitero militare degli USA. Vi sono sepolti più di 200.000 soldati, senza distinzione di razza o di religione. Vi riposano anche alcuni presidenti degli USA. Al centro, un blocco di marmo racchiude i militi ignoti di tutte le guerre. Ai piedi della collina le semplici tombe di J.F. Kennedy e del fratello Robert.

 


 

La Storia della Città, tra Nord e Sud e…Massoneria

 

Una prima curiosità su Washington D.C.. Secondo alcuni studiosi la pianta della città e alcune date storiche di fondazioni degli edifici, sono stati fortemente influenzati dai simbolismi e dai “linguaggi” massonici. Il Generale Washington era un potente massone così come 50 firmatari della Costituzione degli Stati Uniti. Ancor oggi la loggia massonica di rito scozzese di Washington è la più potente del paese e del mondo.

Il 9 luglio
1790, il Congresso approvò una legge che approvava la creazione di un capitale nazionale sul fiume Potomac, il luogo esatto è stato scelto dal presidente
George Washington. Costituita da una porzione di terreno donato dagli Stati del Maryland e della Virginia, la forma iniziale del distretto federale era un quadrato di 16 km su ogni lato, per un totale di 260 km2.

Il 9 settembre 1791, i tre commissari incaricati di provvedere alla costruzione della capitale, scelsero il nome in onore del presidente Washington. Il Congresso tenne la sua prima sessione a Washington il 17 novembre
1800. Due insediamenti preesistenti sono stati inclusi nel territorio: il Porto di Georgetown, nel Maryland e la città di Alexandria, in Virginia. Washington è stata poi edificata sulla riva nord del Potomac.

Tra il 24 e il 25 Agosto 1814, in un raid conosciuto come “incendio di Washington”, le forze britanniche invasero la capitale durante la guerra del 1812. Il Campidoglio, la sede del Tesoro e la Casa Bianca furono bruciati durante l’attacco. In quella occasione la dimora del presidente divenne la “casa bianca”, perche fu prontamente imbiancata con calce per restituirle un poco di dignità. La maggior parte degli edifici governativi vennero rapidamente rimessi a nuovo, tuttavia, il Campidoglio non fu riparato e completato fino al 1868.

Lo scoppio della guerra civile americana nel 1861 portò alla notevole crescita della popolazione per via dell’espansione del governo federale e un grande afflusso di schiavi liberati. Il presidente Abramo Lincoln firmò il Compensated Emancipation Act nel 1862, con cui si concluse la schiavitù nel Distretto di Columbia e liberò circa 3.100 schiavi, nove mesi prima della proclamazione di emancipazione.

L’aumento della spesa federale, a seguito di promulgazione del New Deal nel 1930, portò alla costruzione di nuovi edifici pubblici, memoriali e musei. Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale incrementò ulteriormente l’attività del governo, aggiungendo nuovi dipendenti federali nella capitale.

Durante gli attentati dell’11 settembre 2001, alcuni terroristi dirottarono il volo American Airlines 77 e fecero volutamente schiantare l’aereo sul Pentagono nella vicina Arlington, Virginia. Il volo United Airlines 93, che si ritiene essere destinato a Washington, DC, si schiantò in Pennsylvania. Dal 2001 la maggior parte degli edifici pubblici della capitale sono chiusi ai visitatori.

Fabrizio Clerici, chi era costui?

 

Scalette buie, stanze con soffitto a volta, torri. Sembra di essere sul set del Nome della rosa. Poi eccoci immersi in un modo surreale. E mica per modo di dire: i quadri alle pareti sono firmati Fabrizio Clerici.

 

 

Nella Rocca della cittadina umbra di Umbertide si tenuta “fino a ieri” (30 settembre) una bella mostra, e tanto più bella quanto rara, sullʼarte di Fabrizio Clerici. Autore colto, nobile, poco noto al grande pubblico, è stato uno dei più significativi esponenti del Surrealismo italiano. Possiamo sbilanciarci un poʼ di più e dire che è stato uno dei più grandi pittori italiani del XX secolo, in grado di imporsi anche sul panorama internazionale. Basti pensare alla sua collaborazione per le scenografie di Tre passi nel delirio di Hitchcock o al più recente Blond Ambition Tour di Madonna, in cui la cantante riviveva situazioni tratte delle opere dellʼartista.

 

 

Amico di Alberto Savinio e Giorgio De Chirico, arredatore per esposizioni di moda, scenografo teatrale, illustratore dei classici e in particolare dellʼOrlando furioso (vedi immagine 1), Clerici è stato soprattutto un interprete moderno, spiazzante, della grande arte di tutti i tempi. Arieti e falchi dellʼantico Egitto, sculture greche, architetture orientali, affreschi del Signorelli, illustrazioni scientifiche del Settecento riprendono vita in modi nuovi, in grandi ambienti vuoti, silenziosi, abbastanza inquietanti ma sempre conditi con un pizzico di ironia. Con una particolare predilezione per i remake dellʼIsola dei morti di Böcklin (vedi immagine 2), una delle opere in assoluto più amate e riutilizzate dai Surrealisti in genere.

La mostra, che copriva tutto lʼarco della vita e della produzione di Clerici, era organizzata dal suo – allʼepoca – discepolo e adesso curatore espositivo Eros Renzetti. Il quale a sua volta realizza affascinanti dipinti che coniugano antichità greche, fantasy e fantascienza. Un particolare ringraziamento alla città di Umbertide che, nonostante la posizione geografica lontana dalle grandi arterie, propone spesso mostre di alto livello. Un “coraggio” che, nel caso di Clerici, è stato premiato dal pubblico.

 

Miracolo! Buzzati torna in libreria!

A santa Rita da Cascia, santa degli impossibili, si rivolse – quasi in punto di morte – perfino l’ateo Dino Buzzati per invocare un ultimo raggio di luce su questo nostro mondo pazzo, grottesco, eppure affascinante. Dopo trent’anni di assenza torna infatti in libreria I miracoli di Val Morel dello scrittore bellunese (Oscar Mondadori, euro 13), che furono pubblicati per la prima volta nel 1971, pochi mesi prima della scomparsa dell’autore, e da allora quasi mai ristampati.

I “miracoli” del titolo si riferiscono a 39 immaginari ex-voto, o P.G.R. (Per Grazia Ricevuta), che nel corso dei secoli sarebbero stati dedicati a santa Rita da persone, perlopiù donne, scampate a ogni genere di pericoli. Le immagini, realizzate dallo stesso Buzzati, costituiscono una vera summa della sua opera, dalla narrativa alla pittura, dagli esordi all’ultima produzione: il Babau, l’Uomo Nero, marziani, vampiri, robot, diavoli, spettri, folletti, animali giganti, mostri marini, donne fatali, catastrofi naturali, tragici imprevisti… Con una miriade di citazioni sottintese, sia colte che popolari: il folklore nostrano ed esotico, i grandi della letteratura, i fumetti, la pubblicità, il paesaggio, la cronaca, la psicanalisi, e quant’altro. Il tutto, con una spontaneità disarmante: lo stile pittorico di Buzzati è assolutamente perfetto allo scopo, con una “raffinata ingenuità” che affianca sentimenti profondi e humour.

Nel nostro multiforme universo, l’imprevisto è sempre dietro l’angolo. L’umanità è circondata da un caleidoscopio di forze misteriose, che suscitano stupore, ma spesso celano anche dei tranelli. Regnano la violenza, la noia, e il desiderio che nasce per scacciare la noia; e su tutto, l’ombra della morte. In questa situazione, a chi rivolgersi? A santa Rita, naturalmente. Non sempre i miracoli le riescono al 100%, ma in ogni caso la sua presenza ha recato conforto.

Dino Buzzati, che scrisse nel suo diario: “Dio che non esisti, io ti prego…”, ha un modo tutto suo di rileggere il Sacro, a volte un po’ birichino, a volte anche “osé”, ma non intende minimamente essere blasfemo. Tant’è vero che, dopo il successo della mostra milanese “I miracoli di Val Morel”, ci fu chi pensò di costruire davvero un’edicola votiva, in quel di Limana (Bl), simile a quella inventata dallo scrittore. Lui ne fu felicissimo, ma non poté partecipare all’inaugurazione: la Nera Signora era arrivata prima. O forse, Buzzati aveva chiesto a santa Rita di poter verificare di persona cosa ci fosse “lassù”.

 

 

 

Settimana della Cultura, il calendario eventi di Rimini

di Marianna Tassinari

Anche quest’anno, il MiBAC Ministero per i beni e le Attività Culturali, per promuovere e valorizzare il Patrimonio culturale italiano apre gratuitamente le porte di musei, ville, monumenti, aree archeologiche, archivi e biblioteche statali, per nove giorni, dal 14 al 22 aprile su tutto il territorio nazionale.


La settimana della Cultura, divenuta, ormai, una grande festa collettiva offre un ricco calendario di appuntamenti: mostre, convegni, aperture straordinarie, laboratori didattici, visite guidate e concerti, che renderanno ancora più speciale l’esperienza di tutti i visitatori.


Lo scopo fondamentale di questa iniziativa è quello di trasmettere l’amore per l’arte e favorire nuove esperienze culturali attraverso la conoscenza dell’immenso patrimonio italiano, grazie anche al coinvolgimento di altre Istituzioni pubbliche e private, per una partecipazione estesa e capillare su tutto il territorio.

Il tema conduttore anche quest’anno è “La cultura è di tutti: partecipa anche tu” per sottolineare l’universalità del nostro patrimonio, unico e inimitabile, che il MiBAC mette a disposizione di ciascun cittadino, proprio per favorire una maggiore conoscenza e per abituare i cittadini a frequentare assiduamente i luoghi d’arte, passaggio necessario per un’autentica crescita civile, sociale e culturale della nazione.

Proprio in occasione di questo evento i Musei Comunali di Rimini aderiscono all’iniziativa offrendo l’ingresso gratuito al Museo della Città, in coppia con la splendida “domus del chirurgo”, e al Museo degli Sguardi, ed inoltre proponendo un nutrito programma di incontri. Una ghiotta occasione per gli amanti della cultura e dell’arte per trascorrere un week end o anche solo qualche ora nella capitale vacanziera della riviera adriatica.


Ecco il ricco programma di Eventi:

Visite Guidate alla domus del chirurgo
Protagonista della visita è l’area di scavo che ha restituito la taberna medica con il più
ricco corredo chirurgico di epoca romana giunto fino a noi: una piccola Pompei con resti dall’epoca romana all’alto medioevo, conservatasi quasi intatta fino ad oggi.
Domenica 15 e domenica 22 aprile con ritrovo al Museo della Città alle ore 15.30

Metafore. Il museo declinato al presente (nuovi allestimenti in forma di dialogo)
Il progetto si propone di valorizzare le opere d’arte esposte al Museo della Città tramite un linguaggio non tradizionale, quello della metafora, declinata attraverso diverse forme artistiche. Percorrendo soluzioni inedite, le installazioni avranno il pregio di interpretare l’opera d’arte suggerendone letture originali e sottolineando il rapporto vivo fra antico e presente.
Dal 14 al 22 aprile – Museo della Città
Orario: da martedì a sabato: 8,30-13.00 / 16.00-19.00
Domenica e festivi: 10.00-12,30 /15.00-19.00


Mostra di Simone Pellegrini: DEVASTI
“non c’è alcun contrario della forma del mondo” Wittgenstein
Protagonista della terza mostra organizzata alla Far è l’opera di Simone Pellegrini, un artista considerato dai critici extragenerazionale, trans-epocale, non ascrivibile a un gruppo o a una tendenza artistica. Nelle sue opere pittoriche piacere e dolore sono fusi insieme nello struggente miscuglio di passioni che riflette la realtà della vita.
L’esposizione è a cura di Walter Guadagnini.
14 aprile – 3 giugno 2012
FAR – Fabbrica Arte Rimini, Piazza Cavour
Orario: da martedì a domenica 10-13 / 16-19.30

CONFERENZE

Presentazione del restauro effettuato sui tessuti precolombiani del Museo degli Sguardi
Monica Farneti, americanista esperta di tessuti precolombiani, presenta il restauro di un nucleo di tessuti del Perù precolombiano del Museo degli Sguardi. Il delicato restauro, a cura dell’ Istituto Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna, è stata eseguito dalla ditta Zahra Azmoun di Anzio (Roma) che seguirà anche il nuovo allestimento dei tessuti all’interno del percorso museale.

Domenica 15 aprile ore 17 – Museo degli Sguardi

La battaglia di Ravenna e la guerra in Romagna tra XV e XVI secolo
In occasione del 500° anniversario della battaglia di Ravenna, Andrea Santangelo, scrittore e storico militare, illustrerà il celebre episodio allargando lo sguardo a Rimini e alla Romagna. In quel travagliato e vitale periodo che vide la caduta delle Signorie, poi la breve, ma sanguinosa, fase di dominio di Cesare Borgia e infine la dominazione pontificia, la Romagna divenne il centro di attenzione politica dell’intera Europa e un laboratorio importantissimo per lo sviluppo della moderna scienza militare.
Sabato 14 aprile ore 17 – Museo della Città

Alle porte della città. La via Flaminia
Renata Curina, archeologa, funzionaria della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna responsabile del territorio riminese, alla luce dei nuovi rinvenimenti effettuati alle porte di Rimini lungo uno degli assi viari più importanti dell’Italia peninsulare, illustra le principali scoperte sulla viabilità e sulle necropoli che affiancavano la Flaminia.
Venerdì 20 aprile ore 17 – Museo della Città

Il Crocifisso d’oro del Museo della Città di Rimini: Giambologna e Gasparo Mola
Andrea Di Lorenzo, conservatore presso il Museo Poldi Pezzoli di Milano ma che lega le sue origini a Rimini, fa luce su di un’ opera del Museo della Città, il Crocifisso d’oro donato ai “Consoli” della città dal cardinale riminese Michelangelo Tonti nel 1612. Alla luce dei nuovi studi confluiti nella pubblicazione ” Il Crocifisso d’oro del Museo Poldi Pezzoli: Giambologna e Gasparo Mola” (2011), Di Lorenzo riconduce il Crocifisso esposto a Rimini, l’unico realizzato interamente in oro e già attribuito dalla tradizione popolare a Benvenuto Cellini, a un abile orafo manierista tosco-romano della fine del Cinquecento vicino al Giambologna.
sabato 21 aprile ore 17 – Museo della Città

Info: tel. 0541.793851-2 www.beniculturali.it


Georgia OʼKeeffe On My Mind

dhr

8 dicembre, primo pomeriggio. Mentre i romani erano in tuttʼaltre faccende affaccendati, un gruppetto di persone avanzava irrefrenabile, con piglio militaresco, in direzione opposta alla fiumana di folla. Meta: Palazzo Cipolla, via del Corso 320, sede della Fondazione Roma Museo dove è in corso fino al 22 gennaio la più importante retrospettiva in Italia dedicata allʼarte di Georgia OʼKeeffe.

Il gruppetto era composto da: tre sorelle e madri di famiglia, una figlia di una delle tre, un marito e il sottoscritto. Contrariamente alle apparenze, non si trattava di un club di appassionati di belle arti che accompagnavano una esponente delle nuove generazioni ad approfondire il proprio bagaglio culturale… perché, in effetti, la guida e cicerona del gruppo era la ragazzina. Che ringraziamo ancora, a proposito.

Istruiti dalle didascalie precise e lineari della giovanissima cicerona, i visitatori hanno avuto lʼopportunità di godere della mostra in tutta calma, senza pestarsi i piedi né sgomitare. Per lʼoccasione il Museo è stato trasformato in una cittadina del New Mexico, con pareti e camminamenti “alla film di Sergio Leone”, la ricostruzione esatta dello studio della OʼKeeffe, i negozietti della prima metà del Novecento, ecc.

Oltre alla raccolta completa delle sue accattivanti sculture – tre – la retrospettiva offre unʼampia selezione dei dipinti di Georgia OʼKeeffe, relativi a ogni periodo della sua lunga e fortunata carriera.

Quanto ai contenuti… okay, lʼastrattismo, i fiori, le rocce, gli alberi, i fiumi, i paesaggi desertici, nonché le foto… ma al gruppetto veniva in mente una sola cosa. Conchiglie bivalvi messe in verticale. Grandi fiori con aree scure al centro. Formazioni vegetali o minerali spaccate verticalmente. Monti della Terra, ma molto simili a quelli di Venere. E la OʼKeeffe aveva pure il coraggio di prendersela con i critici che ne davano interpretazioni freudiane.

Eppure. Sarà stata lʼImmacolata o non sarà stato quello, ma da tutte queste opere emanavano una leggerezza, una delicatezza, un silenzio, un senso di sospensione che rimandavano alla pittura classica giapponese (Ukiyo-e). Allʼuscita, il tramonto aveva trasformato in un quadro della OʼKeeffe i Fori imperiali.